Abbiamo deciso di far evolvere la nostra identità e il nostro brand per avvicinarci a ciò che il nostro business esprimeva verso i clienti e il mercato». Nelle parole del presidente Fabrizio Di Amato, la nuova MAIRE si presenta come una realtà evoluta, con l'obiettivo di ricoprire il ruolo di global technology leader nella transizione energetica. Capitalizzando quanto fatto finora, il gruppo si riorganizza con due divisioni: puntando da una parte sulle nuove tecnologie e dall'altra sulla storica capacità ingegneristica. L'evento "Unbox the Future" del 2 marzo scorso è stata una prima tappa, «la presentazione di un piano – ha detto il presidente – che guarda a dieci anni perché l'attività di MAIRE segue i grandi trend delle rivoluzioni industriali».
Con la consapevolezza di vivere in un ecosistema molto complesso, dove entrano in gioco diversi fattori (ambientali, politici, economici e sociali), il Gruppo MAIRE ha avviato un'attività di rebranding necessaria a far coincidere il sogno di un futuro migliore con le azioni industriali in corso. «Eravamo consapevoli che il nostro business fosse oggettivamente più avanti rispetto alla nostra narrazione – spiega Ida Arjomand, Chief Marketing and Communication Officer del gruppo – perché il mercato aveva spinto i player ad accelerare verso la transizione energetica».
Da un lato MAIRE era percepita con la sua identità storica di società di ingegneria, capace di garantire soluzioni per grandi impianti complessi in tutto il mondo. Dall'altro, con la controllata NextChem, era entrata da protagonista nel settore delle soluzioni tecnologiche sostenibili, con un consistente know-how nelle tecnologie dei fertilizzanti, dell'idrogeno, della carbon-capture, dei carburanti, dei prodotti chimici e dei polimeri, dando nuova vita ai rifiuti e creando nuovi processi da materie prime non fossili. «Era arrivato il momento – continua Ida Arjomand – di accompagnare il nuovo posizionamento con una comunicazione adeguata ai cambiamenti in atto. Di fatto, il marchio storico doveva raggiungere il business e andare oltre, per iniziare a rappresentare la direzione futura verso cui l'azienda andrà a evolversi».
Trattandosi di cambiamenti significativi nell'immagine e nell'identità di un'azienda, spesso le azioni di rebranding possono influenzare la percezione dei clienti, dei dipendenti, dei fornitori e di altri stakeholder. «Sappiamo per esperienza – continua la responsabile marketing – che spesso queste fasi si portano dietro una sorta di disorientamento interno. Quando il rebranding non è ben comunicato, i dipendenti potrebbero sentirsi confusi. Se le persone non vengono coinvolte, tendono a fare resistenza ai cambiamenti perdendo motivazione. Poi c'è il tema dell'identità aziendale: se la storia di un gruppo importante viene erroneamente messa da parte, ne risente la reputazione e il valore del marchio costruito nei decenni. In MAIRE invece tutto questo non è successo: il passaggio è avvenuto con naturalezza perché non è stato imposto. Era già nei fatti».
Ida Arjomand, Chief Marketing and Communication Officer di MAIRE, racconta il percorso di rebranding del Gruppo, sempre più leader globale della transizione energetica.
Naming, estetica e narrazione
Il lavoro si è svolto lungo tre filoni di attività e diversi step di avanzamento del progetto. La prima riflessione è avvenuta sul naming: il doppio nome Maire Tecnimont – è stata la domanda – poteva ancora rappresentare la nuova anima legata alle soluzioni tecnologiche sostenibili? Sappiamo che nel 2005 l'acquisizione di Tecnimont, un tempo divisione di ingegneria del gruppo Montedison, è stato uno step importante per la crescita del Gruppo creato da Fabrizio Di Amato. «Era necessario consultare i target per capire la percezione sul mercato del nostro marchio, – spiega Arjomand – abbiamo quindi coinvolto analisti finanziari, dipendenti e clienti. Alla fine abbiamo constatato che la percezione era già quella giusta: MAIRE era giustamente considerata la capogruppo e Tecnimont la società specializzata nell'EPC di progetti su larga scala. L'azione di rebranding avrebbe esplicitato qualcosa che era di fatto accaduto».
Oltre al naming, il secondo filone di analisi ha riguardato l'estetica del marchio, la sua rappresentazione grafica. Elaborata (è giusto ricordarlo) in un'epoca dove il digitale non era ancora uno dei canali di accesso e i brand erano strutturati per un contesto analogico. «Oggi la fruizione dei contenuti e dell'identità di un gruppo industriale avviene su touchpoint e modalità completamente rivoluzionate rispetto all'inizio del Duemila. Con i nuovi device, con la consultazione da dispositivi mobile, anche il logo doveva adeguarsi alla nuova era della cosiddetta "attenzione limitata". Ragionando tutti insieme, è emersa la necessità di un marchio più visibile, riconoscibile per impatto, linee e colori. I tre archi della grafica precedente si sono integrati con la nuova narrazione, assumendo una forma più solida, una tridimensionalità, capace di rappresentare con più spessore i tre pilastri della sostenibilità: ambientale (il pianeta), sociale (l'umanità), economica (l'industria). Nel caso degli archi di Maire Tecnimont, si è trattato di un "change of perspective", di un punto di vista differente per portare alla luce il potenziale che abbiamo sempre conosciuto. Il Gruppo non doveva infatti comunicare un cambio nella natura del "chi siamo" ma una diversa angolazione, utile a evidenziare quella miniera di nuovi saperi ingegneristici e di know-how tecnologico e innovativo già operante sul mercato».
C'è poi il terzo tema. La narrativa, il come viene percepito dal pubblico il racconto di un Gruppo con una struttura capillare, con una capogruppo e delle company dedite a svolgere ruoli verticali in settori complementari e differenti. «In questi casi – continua Ida Arjomand – c'è il rischio che i messaggi escano diluiti, perdano di forza a causa di più marchi che concorrono a uno stesso piano industriale. È stata una bella sfida riscrivere la narrazione delle due anime che oggi rappresentano la nuova MAIRE. Da una parte la divisione Sustainable Technology Solutions con un portafoglio tecnologico che supporterà i clienti e i partner nel rendere concreta e far accadere la transizione energetica. Dall'altra la Integrated E&C solutions che, facendo leva sul nostro storico DNA e sulla competenza ingegneristica, continuerà a fornire impianti tecnologicamente avanzati e a prova di futuro». È stata anche l'occasione per creare una brand architecture che rispecchiasse il posizionamento strategico e non la struttura societaria: NEXTCHEM in rappresentanza dell'area Sustainable Technology Solutions e TECNIMONT in rappresentanza dell'area Integrated E&C Solutions.
Il nuovo logo è una evoluzione dei tre archi iconici di Maire Tecnimont: mentre la struttura originale raffigura una convergenza, la nuova incarna una continua evoluzione. Questa nuova prospettiva definisce percorsi chiusi, consentendo di riempire le forme, al fine di ottenere una sensazione più forte e di impatto in ogni applicazione.
Un purpose per ispirare
Nello scenario attuale, la narrazione dei brand tende a mettere al centro lo scopo, la motivazione, il purpose come stella polare di un nuovo approccio che ribalta le prospettive. «Oggi le imprese per posizionarsi in modo distintivo e assecondare le nuove sensibilità degli stakeholder non possono limitarsi a raccontare "cosa" fanno e "come" lo fanno. Il WHAT e l'HOW sono stati soppiantati dal WHY. Trovo molto efficace il nuovo purpose di MAIRE: "Vogliamo un futuro in cui l'umanità, l'industria e il pianeta possano prosperare insieme" contiene le tre anime della sostenibilità. A fare la differenza – rispetto a molti purpose decisamente più astratti – è il nostro payoff: MAKE TO INSPIRE. Quel "fare" per ispirare è un messaggio concreto che – tenendo salde le radici storiche – abbraccia la complessità e la ottimizza già nel presente, come base per guardare avanti, affrontare le sfide e costruire il futuro. Considero questo passaggio molto "caldo" ed emozionale, sicuramente innovativo per un marchio B2B. Per MAIRE il nuovo corso è iniziato già dall'evento "Unbox the Future", con una presentazione agli analisti meno istituzionale e più empatica, sia nel linguaggio che nelle modalità di comunicazione», continua Ida Arjomand.
Il claim – MAKE TO INSPIRE – rappresenta una crasi tra l'inizio di "MAke" e la fine di "inspIRE", a formare il nome MAIRE. «Riscrivere la narrazione è stato fondamentale verso le diverse audience. Il racconto deve coinvolgere anche l'interno, le nostre persone, in quanto rappresentano il vero valore di un'impresa "people business". Il tutto senza trascurare il pubblico dei futuri talenti che potrebbero venire a lavorare in MAIRE.
MAKE TO INSPIRE è una chiamata verso un luogo attrattivo dove poter fare realmente la differenza, aiutando il mondo a prosperare, a svilupparsi e a crescere».
Ecco, dunque, i connotati di un rebranding in prevalenza narrativo: un racconto attuale dove il marchio si adegua a un cambiamento industriale già avvenuto. E dove il presidente Fabrizio Di Amato dichiara di sentirsi come con la MAIRE di quaranta anni fa: con la stessa passione e con la voglia di costruire guardando al futuro.
We believe in a future where humanity, industries, and the planet can all thrive.
Managers can no longer live off the work of the past