Intervista a Stefano Napoletano, Global Leader of Capital Projects & Infrastructure, McKinsey & Company. «Oggi le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) possono influenzare il business aziendale e le performance finanziarie: nel mondo post-pandemico, l'ESG non è una moda passeggera o un esercizio riduttivo. Le organizzazioni che riusciranno a reinventarsi, potrebbero scoprire nuove opportunità di crescita».


La crisi sanitaria del Covid-19 ha impattato fortemente il sistema economico. Quali settori economici stanno maggiormente soffrendo, quali subiranno impatti strutturali permanenti e quali invece impatti positivi per la loro crescita?

Il COVID-19 ha avuto un effetto molto profondo sulla salute e il benessere delle persone su scala globale. Un tratto caratteristico della pandemia è l’ampiezza del suo impatto nella vita dei consumatori. Secondo le nostre analisi, vivendo un periodo prolungato di incertezza finanziaria, le persone intendono continuare a concentrare la propria spesa principalmente sugli acquisti essenziali, come i generi alimentari e i prodotti per la casa, riducendo quella per i beni discrezionali, come abbigliamento e viaggi. Mentre alcuni settori probabilmente si riprenderanno prima – non appena i consumatori torneranno a fare acquisti – per altri la ripresa potrebbe rivelarsi più lunga, come i grandi eventi e i viaggi aerei. Più in generale, le organizzazioni che riusciranno a reinventarsi potrebbero identificare nuove opportunità di crescita. Un’area nella quale le aziende si sono già ben adattate è l’utilizzo della tecnologia per affrontare il cambiamento degli ambienti di lavoro dovuto al Covid-19 e restare competitivi. Nostri studi mostrano inoltre che le organizzazioni che stanno rispondendo con efficacia alla crisi hanno implementato soluzioni più avanzate, prodotti digitali e talenti tecnologici per accelerare l’innovazione, e si aspettano che la maggior parte di questi cambiamenti restino anche dopo la pandemia.

Il Covid-19 è una pandemia globale, con risvolti anche geopolitici. Da un punto di vista economico è possibile che il Covid-19 abbia anche conseguenze differenti sulle diverse aree geografiche mondiali? E in tal caso quali usciranno meglio o peggio di altre?

Come knowledge partner dell’Osservatorio Infrastrutture di ISPI, l’attenzione è rivolta anche all’analisi delle tendenze geopolitiche. Come l’ISPI evidenzia nei suoi studi, la pandemia sta aggravando la situazione di quei Paesi che si trovavano già in difficoltà a causa di altre minacce, come per esempio conflitti prolungati, crisi economiche e cambiamento climatico. In questo contesto, l’Africa e l’Asia occidentale versano in una condizione più fragile. Ma la pandemia ha anche evidenziato le vulnerabilità delle economie più forti, per esempio di alcuni Paesi del Golfo. Per quanto concerne lo scenario economico mondiale, come delineato dall’ISPI, ci sono due grandi minacce con un potenziale impatto globale: l’aumento della disoccupazione – che potrebbe aggravare la crisi della domanda globale e la contrazione del PIL – e la crescita del debito globale che potrebbe aumentare il rischio di una nuova crisi finanziaria.

Negli ultimi sei mesi, le grandi aziende hanno riorganizzato le catene di approvvigionamento, impostato operazioni da remoto e preso decisioni finanziarie difficili, molte delle quali dimostrando grandi capacità di resilienza. Con l’obiettivo di ricostruire a lungo termine, quali sono a suo avviso le prime azioni di un percorso per aiutare le imprese a uscire più forti dalla crisi?

Nel nostro sondaggio tra i responsabili degli acquisti, il 93% ha riferito che prevede di adottare misure per rendere le proprie catene di approvvigionamento più resilienti e meno vulnerabili agli shock: tra queste, quella di rafforzare la rete di fornitori, il “nearshoring”, la riduzione del numero di componenti uniche e la regionalizzazione delle supply chain. Oggi la tecnologia – come gli analytics e l’intelligenza artificiale, l’IoT (Internet delle cose), la robotica avanzata e le piattaforme digitali – sta mettendo in discussione i vecchi presupposti secondo i quali la resilienza può essere ottenuta soltanto a discapito dell’efficienza. Gli ultimi progressi offrono soluzioni nuove per l’analisi degli scenari, il monitoraggio dei diversi livelli delle reti di fornitura, tempi di risposta più rapidi e addirittura revisione degli economics della produzione. Alcune aziende manifatturiere utilizzeranno questi strumenti ed elaboreranno ulteriori strategie per uscire dalla pandemia più agili e innovative. Allo stesso tempo, con la digitalizzazione di un numero sempre maggiore di asset fisici, è cruciale aumentare gli investimenti in strumenti e competenze di sicurezza informatica.

Con il distanziamento sociale, l’incremento dell’automazione produttiva e del lavoro agile a che genere di modifiche organizzative e strutturali andranno incontro le grandi imprese?

Il lavoro a distanza stava già guadagnando terreno prima della crisi; con la pandemia e il conseguente radicale aumento nell’uso della videoconferenza e di altre forme di collaborazione
digitale si è reso evidente che il lavoro da remoto, ove possibile, è destinato a rimanere. Detto questo, le organizzazioni dovrebbero investire in maniera efficace e a lungo termine sul lavoro da remoto, rinnovare i propri programmi di riqualificazione e aggiornamento professionale, nonché adottare un approccio agile alla pianificazione strategica della forza lavoro. Dovrebbero anche rivedere il ruolo degli uffici nella creazione di un ambiente di lavoro e di vita sicuro, produttivo e piacevole per i dipendenti.

L’allarme Covid ha accentuato la sensibilità generale sui temi ambientali. Da un altro punto di vista, nella fase di ripresa economica, in cui l’attenzione sarà concentrata molto sulla crescita, le politiche di investimento sostenibile per la transizione energetica rischiano di passare in secondo piano?

La simultaneità della crisi del Covid-19 e della sfida climatica significa che la ripresa post-pandemica sarà un periodo decisivo per contrastare il cambiamento climatico. All’indomani del Covid-19, una serie di fattori potrebbe rallentare l’azione sul clima: tra questi, l’allentamento o il ritardo delle normative ambientali nell’interesse della crescita economica, ma anche la flessione dei prezzi del petrolio che renderebbe meno competitive le tecnologie a basse emissioni di carbonio. Per contro, un approccio “climate-smart” alla ripresa economica potrebbe contribuire a mantenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia relativamente sicura di 1,5 gradi. Dobbiamo tenere presente che non solo l’azione sul clima resta critica, ma la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio può portare alla creazione di posti di lavoro a breve termine, incrementando allo stesso tempo la resilienza economica e ambientale.

Kevin Sneader, global managing partner in McKinsey, spiega che la pandemia ha messo a nudo la profonda interconnessione tra le imprese e il mondo in generale in cui operano. Dipendenti, clienti e stakeholder si aspettano che l’azienda si esprima anche su questioni di sostenibilità. Nel confronto tra la motivazione del profitto e lo scopo sociale di un’azienda, cos’è cambiato dopo l’emergenza coronavirus?

Oggi è ormai riconosciuto che le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) possono influenzare il business aziendale e le performance finanziarie. Le aspettative e il controllo sui temi ESG da parte degli investitori, dei consumatori, dei dipendenti e di altri stakeholder continuano a crescere. Intraprendere un’azione in tali aree può aiutare le organizzazioni a gestire la crescente pressione degli stakeholder e a distinguersi dai concorrenti, creando valore aggiunto in cinque modi: facilitare la crescita top-line, ridurre i costi, minimizzare gli interventi normativi e legali, aumentare la produttività dei dipendenti e ottimizzare le spese di investimento e di capitale. In misura maggiore nel mondo post-pandemico, l’ESG non è una moda passeggera o un esercizio riduttivo. L’investimento globale sostenibile supera i 30 trilioni di dollari, oltre il 68% dal 2014 e dieci volte dal 2004. Questa accelerazione è stata spinta da una maggiore attenzione della società, delle istituzioni e dei consumatori circa l’impatto in senso più ampio delle aziende, così come degli investitori e dei dirigenti che hanno compreso che una forte proposta ESG può salvaguardare il successo a lungo termine di un’azienda.