Il nostro mondo professionale e personale per come l’abbiamo conosciuto finora andrà incontro ad una “nuova normalità”. Tutti siamo impegnati in un eccezionale esercizio di resilienza, dovuto all’emergenza del coronavirus, e questo ci spinge a fare ulteriori riflessioni. Ogni singola persona, ogni singola decisione, ogni processo lavorativo può fare davvero la differenza: questo è un momento in cui è necessario che ciascuno di noi da un lato svolga nel miglior modo possibile le attività relative al suo ruolo, e dall’altro metta in campo le proprie risorse creative e proattive per andare incontro alle soluzioni, anticipando la traiettoria del problema.

Ciò che assistiamo in queste settimane intorno a noi, dove le strutture sanitarie di ogni nazione sono messe a dura prova così come tutto il sistema sociale ed industriale, è una testimonianza di come qualsiasi organizzazione ha bisogno di coltivare al suo interno una riserva di resilienza e capacità di reazione emergenziale. Anche la nostra generazione ha imparato cosa significa doversi adattare ad una disruption mondiale quasi come una guerra. Anche la nostra generazione sperimenterà l’ottimismo della ripartenza.

In questo numero di EVOLVE avevamo deciso in tempi non sospetti di affrontare il tema della burocrazia e del superamento dei suoi aspetti limitanti. All’interno dei nuovi scenari digitali in cui di fatto tutti i settori produttivi hanno iniziato a muoversi, le norme e le strutture che per decenni hanno regolato il mondo del lavoro hanno iniziato a mostrare i propri limiti. Troppa burocrazia, troppi livelli organizzativi si sono rivelati come elementi di rallentamento e di estrema parcellizzazione dell’operatività, laddove le imprese agili, le start up, le aziende gestite in un’ottica innovativa hanno invece sperimentato il successo di crescere con strutture più orizzontali e meno gerarchiche. Non nell’anarchia, ma nella forma più adeguata ai nostri tempi.

Per risolvere un problema, come prima cosa bisogna accettarlo. Studiarlo per riconoscere i limiti e le eventuali opportunità che porta con sé. Nelle aziende progetto-centriche come la nostra, abituate a lavorare per commesse e con sequenze regolate dalla logica dell’EPC contracting, il planning di progetto è lo strumento che governa le sequenze delle attività disegnando gli input e gli output di ciascuno step, individuando colli di bottiglia veri e finti come i passaggi dove la burocrazia si esercita, dove alimenta e riproduce sé stessa nel caso in cui venga utilizzato come territorio di potere. Nei diversi livelli di flusso di lavoro, molte persone ritengono di dover “restare in ombra” per non prendersi la responsabilità di quello che accade intorno a loro. Il motto “Beat the bureaucratic approach” è nato proprio per contrastare questo atteggiamento passivo, dove l’attore che deve generare un output resta fermo in attesa di ricevere l’input dal livello precedente. Abbiamo pensato che “Step up and make things happen!” fosse la giusta risposta, la bussola da seguire ogni qualvolta l’approccio burocratico rischia di diventare un freno rispetto alle soluzioni, inibendo la nostra attitudine imprenditoriale.

In un’intervista che troverete in questo numero, Michele Zanini – esperto internazionale di organizzazioni aziendali e autore insieme a Gary Hamel di un saggio in uscita sul tema dell’umanocrazia – ci dice che la burocrazia è difficile da sradicare perché sostanzialmente è un meccanismo che funziona. È un sistema che da oltre un secolo regola il mondo delle imprese e che consente ai progetti di avere una struttura chiara, visibile, misurabile. Per approfondire il dibattito su questo tema, abbiamo chiesto un contributo anche a Yves Morieux, senior partner di Boston Consulting Group e autore di un libro sulla “Smart Simplicity”. Sarà lui a parlarci dell’importanza della cooperazione e di come i manager devono allargare la propria identità e diventare degli “agenti di integrazione”.

Più che mai in un momento come questo, sono estremamente orgoglioso dell’atteggiamento “adattivo” di tutte le nostre persone all’interno di Maire Tecnimont, dal manager in prima linea ai team dei vari progetti e delle funzioni aziendali, fino ai colleghi negli uffici e agli espatriati dislocati nei cantieri in tutto il mondo. L’intera azienda sta rispondendo con grande senso di responsabilità verso sé stessa e verso gli stakeholder che ci guardano con grande attenzione. Alcuni più di altri sono investiti del ruolo di “champion”, di persone-chiave che stando nel cuore del problema riescono ad avere una visione panoramica e immediata di cosa accade, in tempo reale, e sanno come intervenire (verso l’alto così come verso il basso nella sequenza del progetto) per sciogliere i nodi in tempo utile. Il loro atteggiamento deve influenzare tutti noi: non è questo, e sempre meno lo sarà in futuro, il momento di mettersi in ombra e giustificarsi per un mancato obiettivo. I nostri champion stanno risalendo la corrente, come fanno i salmoni nei fiumi, e vanno a prendersi ciò che serve senza aspettare. Aprono le porte delle barriere burocratiche e se serve “strappano” la maniglia come testimonianza dell’aver fatto davvero, e non a parole, tutto il possibile per agevolare quella sequenza di processo. Ecco perché la maniglia è il simbolo del nostro motto sull’antiburocrazia.

Sono anche orgoglioso nel vedere che il gruppo Maire Tecnimont aveva iniziato già da tempo a risalire la corrente, si era allenato nel divulgare la cultura digitale a tutti i livelli e a operare in un vero smart working in piena consapevolezza dello scenario del terzo millennio. Oggi che siamo messi a dura prova dall’emergenza sanitaria ci conforta il fatto di sapere che il pensiero agile si era già diffuso capillarmente nella nostra organizzazione: e questo è il miglior modo per sostenere una battaglia importante, combattendo i rallentamenti produttivi. Nel periodo di crisi, abbiamo mantenuto la stessa produttività di prima, ingaggiandoci al massimo per assicurare i deliverable di progetto, gli ordini alla nostra supply chain e la consegna dei materiali ed il loro montaggio nei nostri cantieri in tutto il mondo, nonostante una progressione di ostacoli che ci avrebbe autorizzato burocraticamente a fermarci in balia delle avversità. Tutto ciò grazie alla assenza di interruzioni nei nostri sistemi ICT e nel pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie delle autorità a tutela assoluta dei nostri collaboratori.

Da questa situazione di crisi, molti di noi stanno trovando conferma del valore e del potenziale dello smart working considerato finora, da molte realtà esterne, una soluzione di backup. Ancora una volta, il nostro Gruppo ha pensato alla soluzione prima ancora che il problema diventasse evidente. Siamo certi che questa visione ci aiuterà a uscire tutti insieme dalle difficoltà, con la consapevolezza che una squadra di champion della resilienza e della antiburocrazia potrà fare la differenza in ogni campo, professionale e personale. 


Pierroberto Folgiero

Amministratore Delegato e Direttore Generale Gruppo Maire Tecnimont